mercoledì 22 aprile 2015

Il Tempo: La beffa dei 976 scafisti arrestati In carcere neanche il 10 per cento. Innocenzi,per molti solo qualche giorno di detenzione.


Continueranno a ingrassare facendo affari d’oro sulla pelle dei disperati che cercano la terra promessa in Italia e invece trovano una bara d’acqua nel Mare Nostro. È questo l’unico dato certo, oggi. Il resto, cioè i 976 scafisti arrestati dall’Italia negli ultimi mesi, cifra diffusa dal premier Matteo Renzi nelle ore seguenti all’ecatombe dei 950 migranti al largo delle coste della Libia, è solo un bel numero ma che resta sulla carta. In realtà, come spiegano fonti interne al Viminale, solo qualche decina di quei Caronti assassini, che approfittano della fame di felicità di chi fugge da guerre e persecuzioni, sarebbe ancora dietro le sbarre. Arrivare a un 10 per cento, assicurano, sarebbe già un bel risultato. Ma difficilemnte è così. È come una tela di Penelope, infatti, il lavoro di forze di polizia e militari che identificano e fermano i mercanti di uomini sulla base delle segnalazioni dei migranti trasportati sui barconi. Fermati, dopo 5 giorni al massimo, gli scafisti tornano liberi in attesa del rinvio a giudizio. E chi li rivede? Del resto non sono sprovveduti. Sanno che vengono da noi in ipotesi di reato, in un paese dove se verranno identificati saranno arrestati. In quel caso sono supportati da un cordone di «complicità criminali» per rientrare a casa. E quando ciò non avviene c’è difficoltà nel reperire fatti di reato: chi ha denunciato non è in grado di fornire prove, «non gli fanno la ricevuta dei soldi presi». Chi li accusa poi viene avvicinato nei Cie e indotto a cambiare versione. «Spesso abbiamo gente che dichiara di essersi sbagliata». E pensare che la legge che prevede la punizione per il reato di ingresso illegale in Italia punisce gli scafisti con la reclusione fino a 12 anni (se viene dimostrato che hanno preso denaro) e una sanzione di 15mila euro per ciascun immagrato fatto sbarcare.(E c’è l’aggravante per trattamento inumano e degradante, gli immigrati chiusi nelle stive ne sono un esempio). Fargli pagare di tasca in soldoni era stato pensato proprio per scoraggiare i mercanti di carne umana da macello, si fa notare. Ma ipotizzare che qualcuno paghi la sanzione è pura fantascienza, spiegano ancora. Immaginiamo solo che qualcuno dei 28 sopravvissuti al disastro del peschereccio ribaltatosi con centinaia di persone nella notte tra sabato e domenica a 60 miglia dalla Libia indicasse chi è lo scafista che ha portato alla morte centinaia di compagni che resterannno seppelliti nel Canale di Sicilia dove è affondata l’imbarcazione nella quale erano stati rinchiusi. Lo scafista, semmai fosse preso, dovrebbe sborsare una cifra fantasmagorica: 15 mila euro per 100 immigrati fanno già un milione e mezzo. Una somma che in questo caso va ancora moltiplicata, perché su quella barca lunga neanche 23 metri erano stipati 950 persone, come ha raccontato il bengalese trentenne ricoverato all’ospedale di Catania. E anche se la testimonianza deve ancora trovare riscontri, come ha spiegato il procuratore di Catania Giovanni Salvi su quel barcone capovoltosi davanti al mercantile «King Jacob» andato in soccorso non c’erano meno di 700 migranti. Quindi la somma da sborsare sarebbe di 14 milioni 250mila euro. Come su tutto il lavoro sprecato delle nostre forze dell’ordine e dei militari che ascoltano i superstiti alla ricerca di indizi. L’individuazione dei traghettatori avviene infatti su indicazione della persone trasportate dagli scafisti. La loro denuncia viene usata come un segnale di vicinanza al paese che dovrà dare il via libera alla richiesta di asilo politico per non entrare nella clandestinità. Anche perché ottenere un sì non è poi così scontato come ha dimostrato la prefettura di Varese, che ha ha respinto il 70 per cento delle richieste di asilo. Ma difficilmente le denunce resistono. «Va verificato quanti di questi "Caronte" denunciati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina vengono effettivamente rinviati a giudizio e processati e qui senz’altro la questione si complica - conferma Giorgio Innocenzi, segretario generale nazionale della Confederazione sindacale autonoma di polizia. Infatti una volta denunciati gli stranieri vengono tenuti nella migliore delle ipotesi qualche giorno in detenzione dopo di che vengono rilasciati in attesa di giudizio, in questa fase molti scappano, altri evidentemente più avvezzi al nostro sistema giudiziario, confutano il reato che nasce spesso da dichiarazioni fatte a caldo da alcuni migranti che si fatica a suffragare con i fatti».

Grazia Maria Coletti