lunedì 25 aprile 2016

Pensioni e stipendi ridotti a zero: Lo Stato ha il potere-dovere di controllare.La Consap scrive al Ministero dell’Interno e al Presidente dell’INPS.

Pensioni e stipendi ridotti a zero: Lo Stato ha il potere-dovere di controllare. La Consap scrive al Ministero dell’Interno e al Presidente dell’INPS.

Il caso del collega che si è visto accreditare una busta paga da un euro non è un caso isolato e purtroppo rientra in una casistica sempre più frequente. Proprio di recente un pensionato si è visto consegnare il cedolino della sua pensione di una mensilità di 3 euro, e se fate una breve ricerca ne troverete decine di casi analoghi. Non è un errore di mero conteggio è una vera e propria violazione di legge.
Non conosco il singolo caso del collega che ha comportato un totale azzeramento dello stipendio, ma questi fatti sono allarmanti e pregiudicano gravemente le condizioni essenziali di sopravvivenza. L’Amministrazione in genere, Stato, INPS, enti pubblici ecc, hanno l’obbligo di rispettare il minimo garantito per la sopravvivenza.
Questo non avviene poiché le detrazioni, i conguagli ed eventuali pignoramenti vengono operati  in automatico mediante sistemi informatizzati,  senza controllo e senza responsabilità da parte dell’ente. Questo accade di frequente anche nel caso in cui l’ente o la stessa Agenzia delle Entrate fungono da sostituto d’imposta, nei casi di recupero Irpef o conguagli fiscali, accreditando al cittadino-lavoratore malcapitato importi irrisori e spesso, come nel caso del collega pari ad euro 1 o addirittura zero euro. Lo stesso è avvenuto di recente (aprile) ad una docente in pensione che per un conguaglio effettuato da parte dell’Inps, gli sono stati accreditati 440 euro di pensione e quest’ultima non ha potuto pagare le spese ordinarie per il mese corrente comprese le medicine, essendo invalida per 2/3.
La legge esiste che vieta tale condotta ma citare in giudizio o denunciare i responsabili ha dei costi insostenibili che vanno ad aggiungersi alle già precarie ed indigenti situazioni economiche.
Lo Stato e l’ente previdenziale nel caso delle pensioni, dovrebbero per primi garantire il rispetto delle norme tutelando il lavoratore, in quanto la nostra Costituzione prevede che l’attività della Pubblica Amministrazione deve sempre perseguire l’interesse generale e soprattutto deve essere legittima.
La riforma intervenuta lo scorso anno, con il d.l. n. 83/2015 e relativa legge di conversione, ha introdotto diverse e sostanziali novità in materia di pignoramenti di pensioni e stipendi modificando il limite “storico” fissato dall'art. 545 c.p.c. e individuando (in rialzo) sia le soglie di impignorabilità della pensione in generale che quelle di stipendi e pensioni accreditati sul conto corrente pignorato. Con riferimento al pignoramento delle pensioni, l'art. 13 del d.l. n. 83/2015 ha introdotto un nuovo comma all'art. 545 c.p.c. prevedendo che “le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”.
Ne deriva che la parte di pensione, pari ad una volta e mezzo la misura dell'assegno sociale,sarà assolutamente impignorabile, rimanendo invece assoggettato al pignoramento, nei limiti del quinto, l'importo residuo risultante dalla differenza tra la somma globale del trattamento e quella corrispondente all'assegno sociale aumentato della metà. (cfr. studiocataldi.it)

Pertanto la trattenuta secondo la normativa vigente è illegittima anche sotto questo ordine di profilo ed in ogni caso deve essere ridotta e non superare comunque i limiti imposti dalla normativa vigente, al fine di garantire le essenziali condizioni per la sopravvivenza dell'avente diritto. Nella fattispecie tale trattenuta ha perfino superato il limite della impignorabilità fissato dalla Corte Costituzionale ossia ad € 525,89, fissato e ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile 18755/2013), importo ritenuto il minimo vitale per la sopravvivenza dell'individuo, anche nel caso di debiti derivanti da tributi. A tal proposito si rammenta che al fine di effettuare la trattenuta o pignoramento oltre il quinto sulla pensione, è necessario apposita autorizzazione del Presidente del Tribunale che determina con decreto. Che l'inosservanza da parte dell'Ente terzo pignorato, di corrispondere, di ridurre o di frapporsi deliberatamente all'erogazione di tale misura, ha quale conseguenza, un trattamento sanzionatorio di cui al combinato disposto ex artt. 570 e 650 c.p. , argomentato anche dalle Sezioni Unite nella sentenza 31.1.2013, n. 23866, le quali ritengono il reato de qua procedibile d'ufficio (cfr. Studio legale Stefano di Salvatore Tonelli Russo). La principale causa di tale invereconda situazione è la totale deresponsabilizzazione delle amministrazioni e la difficile individuazione del responsabile del procedimento, anche per il diniego dell’accesso agli atti posto dall'Amministrazione stessa, a danno dei lavoratori che vorrebbero risalire all'artefice del provvedimento. Purtroppo questo Paese sta andando alla deriva e solamente poche persone hanno preso coscienza di quanto sta accadendo alle persone oneste e rispettose delle leggi.
Dott. Fabrizio Locurcio - Ufficio Studi Segreteria Nazionale