giovedì 10 gennaio 2013

RESOCONTO AUDIZIONE CONSAP



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- Consap Torino



INDAGINE CONOSCITIVA SUI RECENTI FENOMENI DI PROTESTA ORGANIZZATA IN FORMA VIOLENTA IN OCCASIONE DI MANIFESTAZIONI E SULLE POSSIBILI MISURE DA ADOTTARE PER PREVENIRE E CONTRASTARE TALI FENOMENI. RESOCONTO AUDIZIONE CONSAP.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato e di rappresentanti del COCER dell'Arma dei carabinieri e del COCER del Corpo della guardia di finanza:
COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui recenti fenomeni di protesta organizzata in forma violenta in occasione di manifestazioni e sulle possibili misure da adottare per prevenire e contrastare tali fenomeni, l'audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato e di rappresentanti del COCER dell'Arma dei carabinieri e del COCER del Corpo della guardia di finanza.
Sono presenti rappresentanti del COCER dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della guardia di finanza; rappresentanti delle seguenti organizzazioni sindacali della Polizia.
GIANCARLO VITELLI, Rappresentante della CONSAP. Buongiorno, signor presidente, e grazie dell'invito.
Andiamo subito al punto focale che lei, Presidente, ha prima richiamato. La CONSAP è contraria ai codici identificativi sul casco in quanto, a nostro avviso, diventerebbe un formidabile strumento di ritorsione cieca e gratuita. Esempi non mancano. Citerò gli ultimi due che hanno avuto una cassa di risonanza nazionale sui mezzi di comunicazione di massa.
Uno è il caso mandato in onda dalla trasmissione Chi l'ha visto? di colleghi ingiustamente e vigliaccamente additati al pari di una sottospecie umana per aver portato via un povero bambino alla madre, quando la situazione era ben diversa e vedeva, tra l'altro, la presenza sul posto di psichiatri e assistenti sociali inviati direttamente dal giudice, unitamente alla presenza del papà del bambino; l'altro è il caso dei lacrimogeni sparati dal Ministero della giustizia, immediatamente strumentalizzato dei quotidiani.
Purtroppo, in una logica di guerriglia urbana, la manganellata in più può scappare. Ovviamente, gli eccessi sono sempre e comunque da condannare, ma riteniamo che la marchiatura sul casco non sia una strada percorribile in quanto c'è un deficit di legiferazione in materia di ordine pubblico. Mancano, per l'appunto, alcune norme essenziali in materia di ordine pubblico, come l'arresto differito.
Inoltre, onestamente, crediamo di aver sempre avuto il numero di codice, signor presidente, e sono i 160 anni di storia patria al servizio del Paese sul terreno della sicurezza pubblica, del soccorso e della solidarietà. Questo è il nostro codice identificativo.
Vogliamo, invece, proporre come sindacato, nell'ottica di svelenire il clima di contrapposizione e di conflitto che si è creato, un esercizio elementare di democrazia. In tutta Europa le grandi manifestazioni di massa si dirigono verso le sedi del Governo, del Parlamento; così ad Atene, piazza Syntagma, così a Madrid, così a Londra. È naturale perché il popolo, ovviamente, manifesta contro il Governo, contro il potere: perché in Italia dovrebbe essere diverso? È un diritto elementare praticato in tutte le capitali del mondo.
Nel momento in cui tutti ci criminalizzano e ci accusano, noi proponiamo l'accesso libero alle vie e alle piazze adiacenti i palazzi delle istituzioni affinché i manifestanti possano liberamente esprimere il loro dissenso - ovviamente in forme civili, senza scudi o caschi di sorta - sotto le finestre dei rappresentanti del popolo. Del resto, non si può rifiutare ciò che si concede nel resto d'Europa.
Mossi da un reale spirito e da un atteggiamento democratico, non vogliamo sentir parlare di arresti preventivi di ventennale memoria, e siamo invece convinti che l'unica strategia possibile sia il dialogo tra le parti. Il dialogo, infatti, è una strategia.
Siamo preoccupati, signor presidente, perché ogni giorno tocchiamo con mano, nelle sue varie forme, le umiliazioni e le demotivazioni che serpeggiano tra il personale, con il suo corredo di annunci e smentite in ordine alle varie problematiche che ancora sono aperte nel nostro comparto. Percepiamo immediato il rischio di questo magma incandescente di rabbia, protesta e voglia di cambiamento essendo le forze dell'ordine, per loro stessa definizione, un termometro sufficientemente preciso dell'innalzamento della temperatura in ordine ai conflitti sociali che si determinano nel Paese.
Vorremmo evitare, signor presidente, per non ricadere negli errori del passato, di essere il solito calderone in cui tutte le pulsioni confluiscono. Non ci piacciono le dietrologie, ma una tecnica ben consolidata nel nostro Paese. È dietro le contrapposizioni totali tra «poveri cristi» che si consolidano gli apparati di potere, siano essi economici, finanziari e politici.
Intravediamo certi disegni di continuità col passato e che ancora oggi continuano a essere funzionali a un certo tipo di sistema. Diversamente, come spiegarsi tutta questa rabbia, questo livore nei confronti delle forze dell'ordine? Servono forse un altro Antonio Marino o un altro collega Annarumma, da una parte, e, magari dall'altra, un Ovidio Franchi o un Alfio Tondelli? Mi riferisco, in particolare, ai fatti di Reggio Emilia del luglio del 1960, così come a quelli di Avola, in Sicilia, del dicembre del 1968, che furono storicamente alla base della saldatura tra lotte di operai e studenti.
Ecco perché siamo preoccupati. Ci sono troppe similitudini con pagine drammatiche della storia del nostro Paese in quanto le grandi manifestazioni studentesche cariche di rabbia sociale, le nostre cariche e la possibile saldatura come in passato della mobilitazione studentesca con il movimento operaio, primo poi innescherà un'esplosione sociale.
Noi siamo dei semplici poliziotti, abbiamo giurato fedeltà allo Stato in quanto democratico e legalitario, non siamo schiavi o servi di politici di destra o sinistra e siamo al servizio soltanto della legge e dei cittadini.
L'altra proposta che vogliamo avanzare - vogliamo annunciarlo in quest'Aula benché non sia la sede appropriata, ma a cui riconosciamo un tocco di sacralità - sempre nell'ottica, come dicevo, del dialogo da ricercare, la richiesta di essere convocati quanto meno alla vigilia di grandi eventi di massa come rappresentanze sindacali, unitamente ai rappresentanti sindacali, ovviamente, delle confederazioni sindacali di CGIL, CISL, UIL presso il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Questo è, infatti, come recita la legge n. 121 del 1981, un organo consultivo la cui composizione, oltre al questore, al comandante dei Carabinieri e altri, è allargabile anche a soggetti estranei alla stessa amministrazione.
In questo modo, all'azione sindacale riconosciamo un valore concreto in termini morali, etici e sociali, proiettato a svilire sempre la guerra e quell'odio che serpeggiano e che troppo spesso è vomitato a dosi massicce nei confronti di uomini che sono lì a difendere e garantire le libertà costituzionali.